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Apr, 2017

29 dicembre 2016

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29 dicembre 2016

 

Se mi chiedete cosa significa questa data… beh, apparentemente era solo la mia ultima presenza in aeroporto dell’anno 2016! In realtà, mentre in Sala Amica scorreva l’ultima ora di servizio, ero in attesa di avere notizie dai miei colleghi impegnati nell’assemblea associativa a Bari. Nei giorni precedenti Gianni aveva anticipato che ci sarebbe stata una grande novità per l’Associazione, che lui stesso avrebbe svelato solo in assemblea. Aveva anche aggiunto, rivolgendo il dito nella mia direzione: “A te piacerà di sicuro!”. Ecco, il 29 dicembre non riuscivo a pensare ad altro! Guardavo l’orologio, guardavo il cellulare, si lo so, il cellulare in sala non si può usare! Prenderò un rimprovero ma questo è un caso limite! Eh tac! Ore 23.10 arriva un messaggio: “Gianni ha mandato dei fondi in Malawi tramite una ragazza che svolge volontariato; la ragazza ci ha ringraziato perché abbiamo contribuito alla realizzazione di una scuola. Dobbiamo organizzare una raccolta fondi perché c’è la possibilità di andare lì”. Il messaggio era di Simona. La ragazza del Malawi era Fabiola.

 

Ricordo la mia primissima sensazione: le pareti metalliche della nostra Sala Amica sono di colpo scomparse, non sentivo neanche più il rombo degli aerei né il tintinnio delle tazzine di Sandrino. L’interfono dell’aeroporto era muto! Per un attimo, ma solo per un attimo, ho avuto la sensazione di essere in un altro posto! Intorno a me una terra selvaggia, in fondo al mio sguardo un orizzonte senza fine! Piccoli uomini di colore dai denti bianchissimi che mi guardavano incuriositi, donne alte e slanciate con recipienti in testa intente a iniziare l’ennesimo cammino! Non è questa l’immagine più diffusa che ha la gente dell’Africa e degli africani. I report giornalistici che ci propinano di continuo i media contengono immagini di morte, sofferenza e disperazione. Bambini scheletrici con il ventre rigonfio, mamme che cercano invano di allattare i loro neonati, piatti di riso con sciami di mosche al seguito, distese di terra arida completamente segnata da solchi profondi. C’è di sicuro anche questo in Africa ma forse era giunto il momento per noi di sviluppare una nuova idea del vivere africano!

 

Nei giorni successivi, in Sala non si parlava di altro. Pensavamo a Fabiola, al suo coraggio ma soprattutto, guardando le immagini e i video che ci inviava dall’Africa, riflettevamo su quanto potesse essere semplice per noi realizzare qualcosa di grande in quella terra così lontana. L’idea di Gianni non era unicamente quella di far costruire pozzi e scuole in giro per il Malawi. Si trattava in realtà di dare vita a veri e propri “headquarter”, all’interno dei villaggi, comprensivi di infermeria, orti, scuole e pompe d’acqua. Strutture pilota capaci di rappresentare un esempio di autonomia e di sopravvivenza in un Paese reso schiavo più dalla dipendenza dagli aiuti umanitari che dalla fame stessa. Il nostro ideale di uomo africano, quindi, è quello di UOMO LIBERO! Libero perché capace di coltivare la terra secondo le proprie esigenze e secondo la natura della terra stessa. Libero perché capace di educare e scolarizzare i suoi figli senza che arrivi lo “zio Sam” di turno a dispensare chicche di civiltà. Libero di avere coscienza del proprio stato di salute e di preservare il singolo e la collettività.

 

Sulla base di questi obiettivi generali abbiamo, quindi, iniziato a costruire il progetto vero e proprio. In pochi mesi è stato realizzato materiale cartaceo destinato a presentare il progetto alla cittadinanza e alle istituzioni. È arrivato il nome: Malawi…VolontariaMente. Abbiamo iniziato anche a parlare del viaggio! Si, perché era necessario fare un sopralluogo. Toccare a mani nude i nostri africani liberi!

 

Gianni, Clementina, Elisa e Simona sarebbero partiti per il Malawi il 25 marzo. Avrebbero incontrato la nostra Fabiola e avrebbero cercato gli opportuni collegamenti con il territorio per avviare i lavori programmati. Avendo a disposizione molti bagagli da stiva, Gianni ha pensato subito che fosse l’occasione giusta per fare un carico di donazioni! A questo punto è iniziata la corsa al reperimento di articoli sanitari e materiale di cancelleria da distribuire nei villaggi. Molti volontari dell’Associazione hanno preso contatti con le farmacie locali per ricevere tutte le donazioni possibili. Abbiamo interpellato amici e parenti per farci regalare coloretti, matite e quaderni da donare ai bimbi. Siamo riusciti a riempire otto bagagli da stiva! In tutto 184 chili di materiale. Bene! Primo obiettivo raggiunto!

 

Ma ora come la mettiamo con le emozioni? Per noi altri che saremmo rimasti nella parte fortunata del pianeta non è stato facile vedere partire i nostri missionari. La psicologia ci insegna che le emozioni sono cinque: paura, tristezza, rabbia, disgusto e gioia. Penso che le abbiamo provate tutte!

 

Paura: noi operatori aeroportuali lavoriamo sugli aerei, quindi sappiamo benissimo che è il mezzo di trasporto più sicuro al mondo, ma il giorno della partenza io stessa ho monitorato il loro aereo con l’app Flightradar fino all’arrivo a destinazione! E poi ci sono anche i viaggi mentali: verranno morsi da un ragno, un serpente, la malaria! Si prenderanno la malaria! Tante sono state le raccomandazioni: “Bevete solo acqua imbottigliata! Copritevi la testa! Avvisateci quando atterrate!”. Era impossibile farli partire dentro una campana di vetro!

 

Tristezza: nonostante tutto l’impegno profuso nei mesi precedenti da ognuno di noi, si tende sempre a pensare di non aver fatto abbastanza. Alcuni di noi avrebbero voluto essere con loro in questa avventura ma le esigenze familiari di molti lo hanno impedito, almeno per questa volta!

 

Rabbia: noi che vestiamo sempre abiti nuovi e puliti e che abbiamo il lusso di mangiare tutto quello che vogliamo semplicemente chiedendolo oppure premendo un codice numerico su un distributore automatico, pensavamo che ci sono di sicuro tante cose “storte” in questo mondo, proprio come la mancanza di cibo e di acqua potabile. Quanti dei nostri sforzi potevano essere resi vani! Speravamo con tutte le forze di essere sulla strada giusta!

 

Disgusto: sapevamo che i volontari avrebbero mangiato schifezze e sapevamo soprattutto che non avrebbero mangiato! Ci hanno di sicuro rassicurato le foto del “piatto forte” offerto il giorno dell’inaugurazione della prima water-pump firmata A.P.C.V.T.: pollo, riso e patate. Il loro piatto migliore data la felice circostanza ma niente di troppo diverso dagli antichi menù nutrienti che i nostri nonni preparavano nei giorni di festa!

 

Gioia: sapevamo quanto era prezioso il carico di amore e speranza che portavano con loro i nostri volontari. Pesava molto di più di 184 chili! Questo sarebbe stato il dono più importante per i nostri amici africani. Eravamo davvero felici e orgogliosi di loro! E nutrivamo la speranza di essere vincenti.

 

Al ritorno dal sopralluogo abbiamo visto i volontari cambiati per sempre. I nostri ragazzi non sono ancora tornati completamente dal Malawi! Forse è vero che l’Africa ti resta nel cuore! Si aggrappa all’anima come l’edera sui muri. Questo ci hanno detto con gli occhi Gianni, Simona, Clementina ed Elisa. Alcuni di loro torneranno fisicamente nel distretto di Nkhotakota ad agosto e si fermeranno per diversi mesi. Inizieranno un percorso interculturale di grande spessore volto a garantire la continuità del progetto “Malawi…Volontariamente”.

 

La macchina di solidarietà avviata il 29 dicembre 2016 è destinata a percorrere ancora diversi chilometri. Fra le tappe del nostro viaggio ci saranno iniziative di raccolta fondi, il reperimento di sponsor fra enti e soggetti privati locali e l’adozione a distanza di 50 bambini del villaggio di Nkhotakota.

 

L’Associazione ha una nuova vita adesso. Ed è proprio in questo cambiamento che affonda le sue radici l’essenza dell’essere umani!

 

Roberta Petese, A.P.C.V.T.

 

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